Rinviato a giudizio l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate di Forlì-Cesena Angelo Gasbarro. Il gip di Forlì ha accolto la richiesta della Procura e fissato il processo per il prossimo mese di dicembre. Gasbarro è accusato di reati molto gravi che vanno dalla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, al peculato d’uso, al traffico illecito di influenze, fino alla rivelazione dei segreti d’ufficio. Gasbarro, fino al 2016 era il numero uno dell’ufficio di Forlì, poi venne trasferito a Bologna.
Secondo gli inquirenti coordinati dal Sostituto Procuratore Lucia Spirito, Gasbarro avrebbe ottenuto dei favori da parte diimprenditori locali sottoposti a procedure fiscali. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati lo sconto che l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate avrebbe ottenuto nell’acquisto di una villetta di Forlimpopoli.
L’inchiesta, durata oltre due anni, ha chiamato in causa anche il ravennate Alberto Mambelli che è stato vicepresidente e consigliere della Federazione Italiana Gioco Calcio, accusato di ricevuto delle informazioni riservate su un accertamento in corso all’Agenzia delle Entrate di Ravenna relativa ad una società di cui era socio al 50%. Secondo l’accusa ci sarebbe stata la “mediazione” di Angelo Gasbarro. Tra i benefit ottenuti dall’ex direttore dell’ufficio forlivese ci sarebbero anche tre pass per accedere gratis a tutti gli stadi d’Italia.
Mambelli ha un passato anche come calciatore dilettante in quarta serie con le maglie di Ribelle, Forlimpopoli.
A giudizio anche un imprenditore imprenditore cesenate del settore dei servizi al commercio dell’ortofrutta accusato di corruzione in concorso: per gli investigatori si sarebbe messo in contatto con il direttore Angelo Gasbarro, promettendogli uno sconto da 70mila euro su un immobile in costruzione a Forlimpopoli. L’imprenditore avrebbe fatto sapere a Gasbarro di essere sottoposto a un’ispezione della Guardia di Finanza di Cesena. E l’allora direttore chiamò un ufficiale delle fiamme gialle e chiese conto. L’ufficiale un minuto dopo si recò in Procura perché quei “consigli” erano potenziali notizie di reato. L’inchiesta partì, e ora si va a processo.